Un’autentica ambasciatrice dello stile di vita italiano basato sul bello, ben fatto e buono, grazie ai valori di autenticità e rispetto delle tradizioni che esprime. È il ruolo chiave dell’ospitalità italiana che emerge dalla ricerca “Ristorazione, lusso e territorio: Drivers dell’italian way of living”, promossa da HostMilano e condotta da Magda Antonioli Corigliano, Direttrice del Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi, e Sara Bricchi, ricercatrice Met Bocconi. Sono in particolare il territorio – inteso non solo come paesaggio, ma anche come terroir per materie prime di qualità uniche – la vocazione manifatturiera che combina cultura e saper fare e la creatività basata su elementi identitari i punti di forza di una leadership crescente nel mondo come nel nostro Paese.
Gli italiani infatti mangiano sempre più fuori casa, oltre un terzo della spesa alimentare delle famiglie, circa il 35% pari a 75 miliardi di euro. Un dato che, a differenza dei consumi domestici, è rimasto stabile durante la crisi e ha ricominciato a crescere negli ultimi tre anni. E che si riflette nella densità unica al mondo delle imprese di ristorazione in Italia: sono oltre 325mila, per oltre la metà (53,1%) ristoranti ma anche attività di ristorazione mobile, a conferma della crescita del fenomeno street food. A sua volta, il 64,3% di questi ultimi sono attività con somministrazione, pari a circa 111 mila imprese. La regione che concentra più ristoranti è la Lombardia (15,4%) seguita da Lazio (10,9%) e Campania (9,4%), podio che si ripete anche nello street food: guida la Lombardia (13,9%) tallonata sempre da Lazio (11,3%) e Campania (9,3%). Anche nel fuori casa, come nell’imprenditoria italiana in generale, dominano le Pmi: il numero medio di dipendenti è 5,6 per un totale di 376mila occupati (Fonte: Fipe, 2016).
Nel contesto europeo l’ospitalità italiana riveste un ruolo di primo piano. Con circa 51 miliardi di euro nel 2014, di cui il 40% riconducibile ai soli ristoranti, le imprese italiane rappresentano da sole quasi un settimo di tutto il fatturato del settore nella Ue-28 (375 miliardi) e più di un decimo di tutto il valore aggiunto (18 miliardi di euro su 152), il 37,4% dovuto ai ristoranti. In Italia il settore è complessivamente cresciuto nel quinquennio 2008-14 e le stime per il 2015 sono di un ulteriore aumento del 2,8% (Fonte: elaborazioni su dati Eurostat, 2016).
Le password per la ristorazione di domani
Una tendenza importante rilevata dalla ricerca è che anche i settori dell’ospitalità professionale e del food & beverage tendono a posizionarsi verso i segmenti premium, in risposta a consumi sempre più aspirazionali. Se anche il food e il vino e alcolici di lusso presentano un trend di crescita negli ultimi anni, con un +4% tra il 2015 ed il 2016, è però l’ospitalità a beneficare maggiormente di questa evoluzione, con sempre più ristoranti d’eccellenza specializzati in un’offerta di nicchia rivolta a specifici segmenti di mercato: negli ultimi anni, a differenza della vendita diretta di prodotti enogastronomici di lusso, questi hanno visto un forte incremento e oggi, dei 45 miliardi di euro di fatturato del comparto F&B, il 46% si riferisce alla ristorazione (Fonte: Bain & Company e Fondazione Altagamma, 2016).
L’evoluzione non è quindi solo quantitativa. Cambiano anche le tipologie di alimenti più richiesti: in calo carne, sale e burro, in aumento la verdura. Mangiamo più sano e più veggie anche al ristorante, dunque, ma non rinunciamo ai piatti più legati al piacere della convivialità come primi e dessert. Il valore sociale nella scelta di “cosa” mangiamo e “come” lo mangiamo è infatti una delle costanti che emerge dalla ricerca (Fonte: Fipe, 2017).
Cambia anche il modo di scegliere dove mangiare: circa nove italiani su dieci cercano informazioni su Internet prima di recarsi in un nuovo locale (il 24% sempre, il 37,5% spesso e il 25,9% qualche volta), mentre solo il 7,9% lo fa raramente e il 4,6% non lo fa mai. Importanti nella scelta anche i giudizi online degli altri avventori: molto per il 23,5%, abbastanza per il 63,7% e poco o per nulla solo per il 12,8%. Le informazioni più ricercate online riguardano i prezzi (69%), le recensioni (60,3%) e il tipo di cucina (59,9%). Ricercati anche gli orari e giorni di apertura (53,8%) e la posizione del locale (43,8%). Ma la rete è molto di più di una fonte di informazioni, è anche il luogo della condivisione dell’esperienza. L’aspetto social è sempre più rilevante per godere appieno della convivialità: il 61,1% condivide infatti per allegria, divertimento o per il puro gusto di farlo, mentre lo status è importante per il 28,2% e il 27,8% ama testimoniare la novità e le esperienze insolite (Fonte: TradeLab per Mixer, 2016).
In questo quadro continua ad essere centrale il fattore umano, il rapporto diretto e spesso confidenziale con il ristoratore che è un altro “ingrediente segreto” nella ricetta di successo dell’ospitalità Italian style e contribuisce a creare quella “esperienza unica” nel quale il cliente si sente protagonista, consumaTTore anziché consumatore, e che gli fa preferire la convivialità ad altre in competizione nel comune segmento leisure, inteso come valorizzazione esperienziale del tempo libero. L’accoglienza e la gentilezza del personale sono infatti importanti per l’81,6% ma, a testimonianza della propensione italiana ad apprezzare la bellezza in ogni circostanza, il secondo fattore segnalato è la mise en place e presentazione dei piatti (51,2%) seguita dallo stile dell’arredo con il 44,4% (Fonte: TradeLab per Mixer, 2016).
Tecnologia e innovazione per conquistare i millennial: il caso Milano
Se il fattore umano rimane centrale, tecnologia e innovazione sono sempre più importanti per conquistare i consumatori più avvertiti e, in particolare, i millennial: dai menu-tablet che consentono di intrattenere i clienti in attesa del servizio ai metodi di pagamento tramite smartphone, sul front-end; ma anche, dietro le quinte in cucina, le nuove tecnologie del food equipment che permettono di creare ricette un tempo impensabili grazie a nuove modalità hi-tech di trattamento degli ingredienti, conservazione e cottura. In particolare, oggi non è più possibile separare il mondo reale dal digitale nei settori esperienziali come la ristorazione: Il 74% dei consumatori mostra fino al 40% di probabilità in più di acquistare da brand che definiscono chiaramente i loro valori anche attraverso i social media. Il 46% delle imprese che interagiscono sul web con i propri clienti riceve feedback mediamente più positivi e il 55% di queste sostiene che i social media abbiano contribuito ad aumentare il proprio business. Le tracce digitali lasciate dai consumatori consentono inoltre di mappare preferenze e comportamenti di consumo, anche in ottica di maggiore personalizzazione e arricchimento del servizio (Fonte: Iltm ed Euromonitor, 2015).
In Italia un interessante caso studio è quello di Milano, città con una concentrazione particolarmente elevata di ristoranti di qualità. Sui 4.685 ristoranti censiti nel capoluogo lombardo da Fipe sono 215 i locali citati nelle tre guide più autorevoli (Guida Michelin, I Ristoranti d’Italia de L’Espresso e Ristoranti d’Italia de Il Gambero Rosso). Nel dettaglio, i ristoranti milanesi citati nella Guida Michelin sono 102 e rappresentano il 47,4% del totale, nella guida de L’Espresso sono 101 (47%) e in quella de Il Gambero Rosso 156 (72,6%). La grande maggioranza è costituita da ristoranti mentre birrerie, bistrot, trattorie e wine bar non raggiungono il 16%. Per tipologia di offerta domina la cucina contemporanea (24,2%), circa il 10% propone invece cucina milanese, sottolineando il forte legame con il territorio, e altrettanti una cucina tipica di altre regioni italiane. Tra le cucine etniche si segnala una netta prevalenza delle asiatiche (complessivamente quasi il 18%), mentre ancora bassa è la rilevanza della cucina fusion (0,9%) e dei ristoranti vegetariani/vegani (1,9%) (Fonte: elaborazioni MET).
Da un’analisi testuale dei giudizi degli esperti emergono come aspetti più apprezzati la qualità del cibo, la creatività dello chef e il servizio insieme con l’atmosfera del locale. Tra le parole chiave spiccano milanese, italiana, elegante, classica; ma anche menu, chef, ricette e trattoria. Nella metropoli lombarda si segnala anche, in maniera particolarmente vivace per l’Italia, il fenomeno della crescita qualitativa dei ristoranti d’albergo: in passato visto spesso dagli albergatori più come una necessità che un’opportunità, è oggi sempre più di frequente un elemento dicaratterizzazione dell’esperienza dell’ospite, ma anche un’occasione di business anche slegata dalla permanenza in hotel, che fa dell’albergo un punto di riferimento per la zona in cui è inserito. Il 60,9% degli hotel 5 stelle di Milano gestisce infatti uno (o più) locali menzionati nelle tre guide. Il dato è ancor più impressionante se si considera che i 14 ristoranti d’albergo dei 5 stelle milanesi raccolgono il 23,8% delle stelle Michelin attribuite ai locali meneghini, il 17,5% dei cappelli e il 24,7% delle forchette (Fonte: elaborazioni Met).