Un piatto di palenta e cambozola, annaffiato da un calice di prisecco: no, non sono refusi, più semplicemente nomi di cibi italiani imitati. La fama del mangiare italiano nel mondo è talmente vasta che alimenta un devastante fai da te: l’80 per cento del cibo “italiano” non è fatto in Italia, dà vita un giro d’affari calcolato tra i 50 e i 60 miliardi di euro e le agropiraterie sottraggono all’Italia 300 mila posti di lavoro, secondo i calcoli di Coldiretti e Confagricoltura, le organizzazioni in prima linea per la lotta contro le imitazioni alimentari.
Attenzione perché imitazione non significa falsificazione. Mettere in commercio una falsa dop è un reato ed è relativamente semplice perseguirlo, invece mettere in commercio un formaggio morbido con una confezione bianca, rossa e verde con sopra stampato il Colosseo è qualcosa di molto più sottile e difficile da combattere, soprattutto all’esterno dell’Unione europea. Infatti fra i 27 è stato possibile cogliere qualche successo, per esempio in Germania, dove, spiega Domenico Consalvo, dirigente di Confagricoltura, il tribunale di Colonia ha bloccato la vendita di paste prodotte a Dubai e chiamate “Milano” e “Sanremo”.
Oltre i confini europei vince l’anarchia
Altrove nel mondo, invece, siamo quasi all’anarchia. Per esempio in Australia imperversa il “pucino prosecco”, dove pucino è il vino citato da Plinio il Vecchio che si ritiene possa essere l’antenato del prosecco attuale. Lo produce Otto Dal Zotto che non è un protagonista dei cartoni animati, ma un signore nato a Valdobbiadene – ovvero il cuore della docg sui colli trevisani – che ha deciso di impiantare vigneti nello stato del Victoria, in Australia. Ora la sua impresa prospera, oltre al wine club che si chiama – potrebbe essere altrimenti? – La Famiglia, hanno aperto la Trattoria dove accanto al prosecco si possono bere anche sangiovese e barbera, sempre made in Australia. Nello stato brasiliano del Rio Grande do Sul, invece, si producono ogni anno circa 800 mila bottiglie di Espumante Garibaldi Brut Prosecco. Il prisecco citato all’inizio è invece una bevanda frizzante analcolica a base di frutta prodotta in Germania, nel Baden-Württenberg .
La storia della Nudossi sopravvissuta alla cadute del Muro
Caso particolare è quello della Nudossi, ovvero dell’imitazione proletraria della Nutella, risalente ai tempi della Ddr. Questa crema era un prodotto di punta dalla Vadossi, una fabbrica di Dresda, nell’allora Ddr. Dopo la caduta del Muro, nel 1989, la Nudossi sparisce dagli scaffali, come quasi tutto quello che usciva dalle linee di produzione della defunta Germania Est. Diventa però anche uno degli obiettivi privilegiati della cosiddetta Ostalgie, cioè la nostalgia per i prodotti e il modo di vivere della Ddr, rimpianti con commozione da chi era stato bambino ai tempi di Erich Honecker, il leader tedesco orientale. Dal 1999 la Nudossi torna trionfalmente negli scaffali dei supermercati, questa volta di tutta la Germania, forte anche del fatto di contenere il 36 per cento di nocciole, contro il 13 per cento della Nutella.
L’elenco delle imitazioni sarebbe infinito: la palenta (Croazia), il Cambozola (Germania) che con un prodotto solo prende due imitazioni (camembert e gorgonzola), il Reggianito (Argentina), il SarVecchio Parmesan (prodotto in Wisconsin e premiato nel 2009 come miglior formaggio negli Stati Uniti), il Parmesan & Romano Cheese grattugiati (Stati Uniti), i Capellini Milaneza (Portogallo), l’Original Turkey Bologna (Turchia).
La catena italiana made in Germany
Il successo è tale che qualcuno ha pensato anche di imitare i ristoranti italiani: la più diffusa catena di locali italiani nel mondo, Vapiano, fondata nel 2002, conta 200 ristoranti in 33 paesi dei cinque continenti, e continuerà ad aprirne in futuro. Peccato che proprietari, dirigenti e anche buona parte dei prodotti, siano rigorosamente tedeschi.
–di Alessandro Marzo Magno
Fonte: http://www.ilsole24ore.com