Una lettrice ci ha scritto con un interrogativo: ho comprato in un supermercato – per la precisione, un punto vendita Coop a Firenze – del pesce spada decongelato, e sull’etichetta ho trovato la data di confezionamento, ma non quella di scadenza. Come faccio a sapere quanto posso conservarlo? È vero che il pesce decongelato dura meno di quello fresco? E quali sono le informazioni che possiamo aspettarci di trovare sulle etichette? Abbiamo deciso di vederci chiaro interpellando un’esperta come Valentina Tepedino di EurofishMarket, oltre a Coop e ad altre catene della grande distribuzione.
“La questione è particolarmente attuale, in un momento come questo in cui molti punti vendita della grande distribuzione hanno chiuso il banco fresco, e propongono solo preincartati a libero servizio”, spiega Tepedino. “Quando si acquista questo tipo di prodotto, le informazioni in etichetta dovrebbero essere le stesse presenti sul banco servito. Lo stato fisico, per tornare al quesito della lettrice, deve essere chiaramente indicato in etichetta vicino la denominazione commerciale della specie (es. pesce spada decongelato)”. Fa eccezione solo il prodotto ittico fresco: se non è specificato che non si tratta di pesce fresco, è implicito che lo sia. “Devono poi essere indicate in etichetta anche tutte le altre informazioni previste per legge come zona di cattura o denominazione scientifica”, prosegue Tepedino. Sapere esattamente quando il pesce è stato decongelato, però, non è possibile, e non è obbligatorio dare questa indicazione: “Esiste una circolare del Ministero della Salute, del 2007, che consiglia agli operatori di indicare questo tipo di prodotto come “da consumarsi entro ventiquattro ore e da non ricongelare””, spiega Tepedino.
E infatti molti punti vendita riportano questa indicazione sull’etichetta o in un cartello apposto sul banco frigo. È questo il caso di Coop che ha risposto alle nostre domande spiegando che “in pescheria, nella zona del pesce decongelato, sono posizionati cartelli che comunicano alla clientela che il prodotto è da consumarsi entro 24 ore anche se, trattandosi di prodotto messo in imballo nel punto vendita, “la data di scadenza non è obbligatoria”. Conad ha semplicemente fatto sapere di attenersi alla normativa vigente mentre PAM ha risposto alla nostra domanda chiarendo che, per quanto riguarda il pesce decongelato e preincartato per la vendita a libero servizio, “ i tempi di esposizione del prodotto sono stati validati e riportati nel manuale di autocontrollo prodotto per prodotto e verificati dagli ispettori e capiarea”. Non abbiamo invece ricevuto risposta da Esselunga: nel banco del pesce a libero servizio è comunque indicata la data entro cui il pesce deve essere preferibilmente consumato, e anzi è consuetudine offrirlo in sconto all’approssimarsi di tale data.
In ogni caso, non è possibile sapere se la data di confezionamento del pesce e quella di decongelamento coincidano. “Al momento non esistono nemmeno analisi che permettano di rilevare con sicurezza questo tipo di informazioni, anche se ci stiamo lavorando: consiglio quindi di rivolgersi a un venditore affidabile, che si preoccupi di rendere più trasparente possibile questa informazione e che garantisca una gestione scrupolosa del prodotto”, osserva Tepedino. Particolarmente in questo periodo in cui sempre più consumatori fanno la spesa al banco libero servizio e online, è meglio acquistare prodotti che riportano la data di confezionamento, che il distributore mette a propria garanzia ma che comunque fornisce anche al consumatore un’indicazione in più. “Tenendo presente, – ricorda Tepedino – che data di confezionamento e di pesca non vanno confuse, poiché sono due cose diverse e spesso non coincidono”.
Anche per quanto riguarda il pesce fresco, d’altronde, la legge non impone di indicare la data di scadenza: ”Su questo tema l’Unione Europea ha lasciato gli stati liberi di decidere, – spiega l’esperta – e si è convenuto che non fosse opportuno indicare una scadenza, anche perché è difficile definirla, visto che entrano in gioco molte variabili come il tipo di pesca – alcuni metodi come la pesca a strascico danneggiano il pesce più di altre – il clima, e la gestione del pescato”. I diversi operatori sono quindi liberi di fornire o meno questa informazione: alcuni indicano una data di scadenza per propria tutela altri no. Questa regola vale però solo per il pesce confezionato sul posto: “Sul banco a libero servizio, oltre ai prodotti confezionati dagli operatori del supermercato, ce ne sono altri acquistati già confezionati da aziende specializzate”, spiega Tepedino, “e in questo caso deve essere indicata obbligatoriamente in etichetta anche la data di scadenza o il TMC (termine minimo di conservazione, la data fino alla quale il prodotto conserva le sue proprietà specifiche) ”.
Resta un interrogativo: esiste un motivo valido per acquistare pesce decongelato, quando si può trovare lo stesso prodotto surgelato o congelato? In realtà no, anche perché spesso questi prodotti sono più costosi rispetto al surgelato: “l’unico motivo può essere quello di risparmiare il tempo dello scongelamento, – osserva Tepedino – oppure, per alcuni prodotti come i cefalopodi -seppie, polpi, totani – di avere carni più morbide rispetto al fresco”. Ma spesso si tratta di un acquisto fatto per abitudine, così come è un’abitudine considerare il congelato un prodotto “di seconda scelta” rispetto al surgelato o al fresco. Può essere utile ricordare che surgelati e congelati devono raggiungere “a cuore”, ossia nel centro del pesce o della porzione, la temperatura di -18°C: di solito nei surgelati questo avviene in minore tempo, e in questo modo si formano cristalli di ghiaccio di misura inferiore rispetto a quelli del congelato, mantenendo più integra la polpa del pesce. “Ma questo era vero soprattutto in passato, oggi esistono tecniche di congelamento ultrarapido”, osserva Tepedino: in linea di massima in commercio si trovano come “congelati” i pesci interi di grandi dimensioni o in pezzi all’ingrosso, o il prodotto venduto sfuso, mentre sono venduti come “surgelati” i prodotti confezionati in cui il pesce è proposto in piccole porzioni sotto forma di filetti o altro.
Non ci sono grandi differenze tra le due tipologie, neanche per quanto riguarda la durata: “Questi prodotti hanno di solito un termine minimo di conservazione fissato a 18 mesi o anche di più, – conclude Tepedino, – però non si tratta di una scadenza, ma di un’indicazione per garantirne una qualità ottimale che può anche essere rivista dal distributore e superata”. È possibile quindi trovare in commercio alimenti con TMC superato. “L’importante”, conclude Tepedino, “è che questa informazione sia bene evidente al consumatore ”.