Fermo restando il valore della tradizione e la centralità culturale di Napoli, anche gli orizzonti geografici del simbolo gastronomico dell’italianità si sono ampliati. Ecco i posti da scoprire per nuove interpretazioni della pizza, sempre più gourmet
di Federico De Cesare Viola
È il simbolo gastronomico più forte dell’italianità, è il prodotto che piace a tutti, è il comfort food per antonomasia. Ognuno, però, ha la sua idea: tonda o rettangolare, alla pala o in teglia, classica oppure creativa, a “canotto” con il cornicione alto o viceversa sottile e croccante. Al di là degli stili, c’è di vero che negli ultimi anni il mondo della pizza si è profondamente evoluto e ha ampliato i propri confini uscendo dal cliché di un cibo (e di un’esperienza) popolare e veloce per avvicinarsi anche ad alcuni temi della cucina contemporanea, dalla sostenibilità all’identità territoriale.
Non ci piace, però, il termine “gourmet”, soprattutto se usato impropriamente per indicare sperimentazioni senza criterio. La pizza deve essere, sostanzialmente, buona e di qualità: nell’impasto – dalla scelta delle farine ai tempi di maturazione, che garantiscono la giusta digeribilità -, nella cottura, nella ricerca degli ingredienti e nell’equilibrio complessivo dei sapori. Fermo restando il valore della tradizione e la centralità culturale di Napoli, anche gli orizzonti geografici si sono ampliati.
A Milano tutti gli stili: dalla napoletana alla romana
Curiosa e multiculturale com’è, Milano ha assorbito tutti i diversi stili di pizza: dalla napoletana più classica – con le tante insegne celebri, tra cui Sorbillo e Starita – alle versioni più contemporanee, come quelle di Giorgio Caruso nelle sue tre sedi di Lievità, dalla pizza alla pala che Simone Lombardi sforna da Crosta ai format più “pop” del marchio Berberè (presente anche in altre città). Ci si può avventurare pure in Brianza, a patto di prenotare all’Enosteria Lipen di Triuggio (MB), dove il pizzaiolo-chef-imprenditore (e pure sommelier) Corrado Scaglione propone due eccellenti pizze, la verace napoletana e la romana alla pala, con un tocco personale.
Il Veneto sperimenta
Il Veneto è una regione ad alto tasso di innovazione: Renato Bosco e Simone Padoan sono accomunati dalla padronanza della tecnica e da una chiara inclinazione alla sperimentazione. Andate a provare la pizza con crema di zucca, fiordilatte della Lessinia, pancetta cotta, Asiago Stravecchio e origano e quella con fiordilatte, cime di rapa, anguilla laccata e cipolla in carpione con aceto di more (servite a spicchi, a mo’ di degustazione), rispettivamente da Saporè a San Martino Buon Albergo e ai Tigli a San Bonifacio, entrambe in provincia di Verona.
Non solo la classica romana
La Capitale è sempre più al centro dell’universo pizza. Il re della teglia è naturalmente Gabriele Bonci, con le sue basi eteree ma croccanti sulle quali sperimenta abbinamenti insoliti – ma sempre riusciti – tra ingredienti di straordinaria qualità. Fuori dal locale di Pier Daniele Seu e di Valeria Zuppardo – Seu Pizza Illuminati, in zona Porta Portese – c’è sempre una lunga fila, ogni giorno della settimana. Il motivo? Un impasto perfetto e leggerissimo, che dà dipendenza, e ricette gustose che giocano con la tradizione e la memoria, dalla Puttanesca alla Fior di Cotto. Anche la pizza romana classica, quella sottile e scrocchiarella, sta superando il complesso di inferiorità nei confronti della napoletana e sta finalmente rialzando la testa grazie soprattutto al duo Jacopo Mercuro e Mirko Rizzo di 180g Pizzeria Romana, nel quartiere di Centocelle: provate la “pizza co’ ’n botto de mortazza” o quella con cicoria e salsiccia.
Dove c’è l’arte del pizzaiuolo: Napoli e Caserta
Torniamo ora, doverosamente, nella regione dove tutta la storia è iniziata: la Campania. L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano, riconosciuta di recente come patrimonio immateriale Unesco, è portata avanti da grandi interpreti come Enzo Coccia de La Notizia, Ciro Salvo di 50 Kalò, Guglielmo Vuolo della pizzeria 4A e Ciro Oliva, il più bravo della nuova generazione in città, che al Rione Sanità, da Concettina ai Tre Santi, propone buonissime pizze veraci e cotte nel ruoto secondo tradizione ma anche panini e friselle con condimenti originali. Il tutto da abbinare non più solo alla birra ma a vini di pregio e Champagne, a dimostrazione del fatto che la pizza ha un valore gastronomico sempre più alto. Napoli ormai si gioca il primato con Caserta. Di fronte alla Reggia Francesco Martucci sforna i suoi personali capolavori – dalla “Riccia di Mammà” alla “4 pomodori in 3 consistenze” – alla pizzeria I Masanielli. In provincia, Franco Pepe ha trasformato un paese in via di spopolamento, Caiazzo, in una destinazione internazionale, grazie a creazioni come la Margherita Sbagliata o la Sensazione di Costiera, con un occhio all’equilibrio nutrizionale e un altro alla valorizzazione dei prodotti del territorio.
Tant’è che da Pepe in Grani si mangia anche una delle migliori pizze dolci d’Italia, la Crisommola: impasto fritto, ricotta di bufala aromatizzata con buccia di limone, confettura di albicocche del Vesuvio (le crisommole, appunto), granella di nocciole tostate, polvere di olive caiazzane e foglie di menta. Da perdere la testa.
FONTE: https://www.ilsole24ore.com