Grazie all’e-commerce e al digitale nel 2020 si è riusciti ad arginare il crollo delle esportazioni, calati in Italia di circa il 10%, in seguito all’emergenza Covid19. взять займы за минуту онлайн
È quanto emerso da una ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno online “Export digitale, Covid ed emergenza: strategie per la ripartenza”.
Nel 2020 l’export digitale dei beni di consumo ha raggiunto un valore di 13,5 miliardi di euro, con una crescita del 14% e un’incidenza del 9% sull’export complessivo dei beni di consumo.
Il settore più importante è sempre quello del fashion, con il 53% delle esportazioni digitali di beni di consumo e il 16,5% di quelle online di settore. A seguire il food, unico settore “favorito” dall’emergenza Covid19, che ha visto una crescita del 46% e un valore di 1,9 miliardi di euro, pari al 14% dell’export digitale e al 4% di quello alimentare. Terzo l’arredamento, comparto che vale 1,1 miliardi.
La pandemia ha dato una forte spinta alle esportazioni on line ma le imprese italiane possono sperare ancora in ampi margini di crescita in ambito eCommerce. Il 56% di queste usa i canali digitali per vendere prodotti all’estero, soprattutto in Germania (34,7%), Francia (26,8%), Regno Unito (26%), USA (25,4%), Spagna (18%) e Cina (11,4%).
Il 75% delle imprese italiane esporta on line prodotti per meno del 20% del proprio fatturato. Inoltre, un’impresa su dieci non ha un export manager né un eCommerce manager ma, per fortuna, l’80% impiega più di una tecnologia digitale nel marketing, nella distribuzione e nelle vendite.
Un sondaggio condotto dall’Osservatorio su 162 aziende italiane di piccole, medie e grandi dimensioni rivela che nel 2020 molte imprese hanno aperto un canale eCommerce per vendere all’estero, con risultati sempre positivi.
Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio Export Digitale, conferma che nell’ultimo anno il digitale ha rappresentato un traino per il nostro export, compensando il calo degli scambi attraverso i canali tradizionali. “Per sfruttare l’accelerazione impressa dalla pandemia e migliorare le performance di internazionalizzazione delle nostre imprese occorre però una sapiente integrazione del digitale nelle modalità di export tradizionali – continua Mangiaracina – anche quando l’emergenza sarà superata. Il digitale sta diventando sempre di più un’opportunità abbordabile anche per aziende meno strutturate e con meno risorse. Non è un’opportunità a costo zero, perché servono investimenti e competenze, ma il costo di non coglierla è rischiare di essere tagliati fuori dal mercato”.
E per il 2021 quali scenari si aprono? Secondo i dati ISTAT, in Italia le esportazioni sono scese del 9,7% e le importazioni sono diminuite del 15,3%. Gli unici settori ad aver visto una lieve crescita sono le esportazioni di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+3,8%) e di prodotti alimentari, bevande e tabacco (+1,9%).
“Lo scenario positivo previsto per il 2021 dipenderà dall’andamento della situazione sanitaria, dalla rapidità della campagna vaccinale e dalle politiche economiche messe in atto dai vari paesi – afferma Lucia Tajoli, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Export Digitale -. L’Unione Europea con il piano finanziario europeo approvato da poco e il Next Generation EU Plan ha messo sul piatto oltre 1.800 miliardi di euro da spendere nei prossimi 5-7 anni e l’amministrazione Biden in USA ha proposto un piano di spesa per la ripresa di 1.900 miliardi di dollari. Per essere efficaci queste politiche richiedono un corretto utilizzo di questi fondi nei settori chiave dei sistemi economici, un efficiente funzionamento dei mercati e il mantenimento dell’apertura dei mercati internazionali, riducendo le tensioni commerciali tra paesi che hanno caratterizzato gli anni passati”.
Anche in ambito B2b l’export digitale è stato fondamentale per la ripresa delle esportazioni ma, rispetto al comparto B2c, ha subito una frenata, soprattutto a causa del lockdown.
La filiera più digitalizzata è quella automobilistica, con il 18,5% dell’export digitale B2b, seguono il tessile e abbigliamento (14,5%) e la meccanica (11,8%).