In pizzeria, una margherita economica costa in media 3,8 euro, mentre una di alta qualità costa almeno 6,9 euro. Un ricarico da attribuire agli ingredienti con cui è fatta? Per nulla. Perchè tra usare un pomodoro e una mozzarella Igp e usarli low cost non ballano neanche 50 centesimi. Il sovrapprezzo che paghiamo non è la qualità, ma è tutto marketing.
A dimostrarlo, calcolatrice alla mano, è un’indagine condotta da RistoratoreTop, agenzia specializzata nel marketing per la ristorazione, che ha intervistato 100 pizzerie italiane di vario livello per dimostrare che «la qualità del prodotto non esiste».
La ricerca ha preso in considerazione il costo per il cliente di una pizza base, i cui ingredienti fondamentali sono farina, pomodoro e mozzarella. In Italia le palline di impasto per pizza vanno dai 180 ai 280 grammi e richiedono quasi 16 litri d’acqua per ogni sacco di farina da 25 kg. Quest’ultima può costare dai 20€ al sacco per un farina di medio-basso livello ai 40€ di una farina di alta gamma. Per una margherita si utilizzano mediamente 100 grammi di salsa di pomodoro, che vanno dai 40 centesimi al chilo agli 1,4, ma in alcuni casi si può arrivare fino ai euro al chilo. Infine servono 100 grammi di mozzarella, che possono spaziare tra 3,5 e i 9 euro al chilo.
«Naturalemnte, esistono altri costi fissi che vanno caricati su ogni singola pizza – spiega Lorenzo Ferrari, ceo di RistoratoreTop – dal personale, che è la voce più onerosa, alle attrezzature, dall’energia agli affitti, ma sono soggetti a variazioni troppo ampie per raggiungere una media esaustiva, e finiscono con l’incidere enormemente sul prezzo finale al cliente, molto più del costo degli ingredienti».
Calcoli alla mano, dunque, una margherita di bassa qualità costa mediamente al ristoratore 0,64€ (pallina di impasto 0,14, pomodoro 0,05, mozzarella 0,45), una pizza “media” 0,85€ (pallina di impasto 0,25, pomodoro 0,08, mozzarella 0,52), mentre una pizza realizzata con ingredienti più ricercati costa 1,13 euro (pallina di impasto 0,27, pomodoro 0,13, mozzarella 0,73). Il prezzo medio di vendita al cliente? Per la prima è di 3,8 €, per la seconda di 4,8 €, per la terza di 6,9. Olio extravergine di oliva, basilico, origano e formaggio stagionato a parte, che hanno un impatto medio complessivo tra i 16 e i 28 centesimi a pizza.
Se quindi una pizza di qualità costa al ristoratore solo 50 centesimi in più di una a bassa qualità, un cliente dovrebbe pagare quella margherita al massimo 4 euro e mezzo. Non quasi sette. «È evidente che la qualità del prodotto non esiste – prosegue Ferrari – e se esiste, il 95% degli utenti finali non è in grado di riconoscerla: generalmente, si scrive qualità, ma si legge prezzo o brand. Esiste piuttosto la percezione di qualità, modificata, influenzata e, in alcuni casi, indotta da quell’insieme di tecniche e strategie che è il marketing».
Mangiare una semplice margherita in “media nazionale”, da circa 5 euro, può trasformarsi in un’esperienza completamente diversa se il pizzaiolo o il ristoratore hanno speso qualche minuto per elencare la lenta e lunga lievitazione dell’impasto, realizzato con un blend segreto di farine e lievito madre, farcita con pomodoro San Marzano DOP, mozzarella a doppia cagliata o olio extravergine d’oliva biologico. Ma sempre di cinquanta centesimi di costo produttivo in più si tratta. E invece, una pizza così può essere venduta anche a 10 o 15 euro. «La margherita più costosa d’Italia arriva a 19 euro», ricorda l’ad di Ristoratore Top.
FONTE: http://www.ilsole24ore.com