La disciplina della fiscalità agricola è stata oggetto di diversi interventi, sia nella scorsa legislatura sia nella corrente, in particolare con la legge di bilancio 2019. Nello specifico, si è intervenuti sulla tassazione immobiliare in agricoltura, sui redditi dominicali e agrari e sul regime di tassazione di
talune attività, quali quelle di produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche. Altri interventi hanno riguardato l’introduzione di crediti di imposta per il sostegno al commercio elettronico e lo sviluppo di nuovi prodotti, nonché la previsione di sgravi contributivi per le assunzioni in agricoltura.
IRPEF, IRAP e IVA in agricoltura: disciplina di base e recenti interventi legislativi
La tassazione delle imprese agricole ha sempre ricevuto da parte del legislatore fiscale un trattamento di favore sul presupposto che l’agricoltura svolge un’azione di presidio del territorio ed è chiamata a sopportare il rischio connesso alle avversità atmosferiche che possono arrivare fino a mettere a rischio l’intera produzione.
In particolare, ai fini IRPEF, gli articoli da 32 a 34 del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al D.P.R. n. 917/1986 recano la specifica disciplina del reddito agrario, la quale si applica:
oltre che alle attività agrarie (quali la coltivazione del terreno e silvicoltura, l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e la produzione di vegetali, tramite l’utilizzo di strutture anche provvisorie fisse o mobili, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste); anche alle attività agrarie connesse, di cui al terzo comma dell’articolo 2135 c.c., ma limitatamente a quelle dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, da ultimo, con D.M. 13 febbraio 2015.
Sono, dunque, escluse le altre attività connesse indicate dal terzo comma dell’art. 2135 cc, cioè le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese le attività di valorizzazione del patrimonio rurale e forestale, o di ricezione e ospitalità. Il regime del reddito agrario prevede, in estrema sintesi, che il reddito sia determinato, in base all’articolo 34 del TUIR, mediante l’applicazione di tariffe d’estimo.
Inoltre l’articolo 56-bis del TUIR stabilisce, al comma 3, che, per le attività agrarie connesse dirette alla fornitura di servizi, di cui al già citato terzo comma dell’articolo 2135 c.c., il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento.
Il perimetro delle attività connesse all’esercizio dell’impresa agricola definibili produttive di reddito agrario (mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo) è stato in un primo tempo ampliato dal legislatore, con la legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005, articolo 1, comma 423), che lo ha esteso alle attività produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli. Recentemente (con il D.L. n. 66/2014 e il D.L. 192/2014) tale perimetro è stato nuovamente ristretto, nel senso che per le suddette tipologie di attività il reddito imponibile è determinato, a decorrere dal 2016, applicando il coefficiente di redditività del 25 per cento all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione IVA, e non più il criterio di determinazione del reddito agrario definito su base catastale. Questo “minor favore” del legislatore è stato attutito dalla previsione di una disciplina transitoria intermedia per gli anni 2014 e 2015.
Si segnala poi che la recente legge in materia di agricoltura sociale, legge n. 141 del 2015, definisce attività connesse a quella agricola ai sensi dell’articolo 2135 cc. le attività, esercitate dall’imprenditore agricolo, finalizzate a:
b) prestazioni e attivita’ sociali e di servizio per le comunita’ locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilita’ e di capacita’, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;
c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative, anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
d) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversita’ nonche’ alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, (quali accoglienza e soggiorno di bambini in eta’ prescolare e di persone in difficolta’ sociale, fisica e psichica).
Inoltre, con la legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) è stato previsto che lo svolgimento dell’attività enoturistica si applichi lo stesso regime fiscale previsto per l’attività agrituristica: il reddito imponibile è determinato applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti con l’esercizio di tale attività, al netto del’imposta sul valore aggiunto, il coefficiente di redditività del 25 per cento (art. 1, comma 503).
A proposito di fiscalità agricola, si ricorda che il decreto-legge n. 91 del 2014 (legge n. 116 del 2014), all’art. 7, comma 3, ha disposto l’abrogazione dell’articolo 31, comma 1, del TUIR (D.P.R. 917/1986), il quale prevedeva che, se un fondo rustico, costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali, non era stato coltivato, neppure in parte, per un’intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito dominicale, per l’anno in cui si fosse chiusa l’annata agraria, si considerava pari al 30 per cento di quello determinato secondo le tariffe d’estimo ai sensi degli artt. 28 e ss. del TUIR.
Il comma 4 dello stesso art. 7, poi, è intervenuto sulla rivalutazione dei redditi dominicale e agrario, che, ai soli fini IRPEF per i periodi d’imposta 2013, 2014 e 2015, il comma 512, articolo 1 della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) aveva stabilito nella misura del 15 per cento. Il predetto decreto-legge, in particolare, ha incrementato l’entità della rivalutazione portandola dal 15 al 30 per cento nel periodo d’imposta 2015, mettendola poi a regime, nella misura del 7 per cento, a decorrere dal periodo d’imposta 2016.
Per i terreni agricoli, nonché per quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, la rivalutazione è, invece, pari al 5 per cento per i periodi di imposta 2013 e 2014 e al 10 per cento per il periodo di imposta 2015. Ai fini della determinazione dell’acconto per gli anni 2013, 2015 ed il 2016, i contribuenti debbono tener conto delle rispettive nuove rivalutazioni. Con la legge di stabilità per il 2017, è stata prevista l’esenzione ai fini Irpef, per il triennio 2017-2019, nei confronti dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (art. 1, comma 44 della legge 11 dicembre 2016, n. 232).
Ai fini IRAP, l’articolo 1, comma 70 della legge n. 208 del 2015 ha modificato l’articolo 3 del decreto legislativo n. 46 del 1997, abrogando la lettera d) del comma 1 del medesimo articolo 3 (che indicava i produttori agricoli titolari di reddito agrario con un volume di affari annuo superiore a 7.000 euro tra i soggetti passivi dell’aliquota ridotta dell’1,9%) e aggiungendo la lettera c-bis) al comma 2, che individua i soggetti che non sono passivi del tributo, tra i quali sono stati inclusi tutti i produttori agricoli, a prescindere dalla veste giuridica (imprenditori individuali e società, anche cooperative). Restano assoggetate all’IRAP le attività che hanno sempre scontato l’aliquota ordinaria (al 3,9%) di agriturismo, di allevamento di animali con terreno
insufficiente a produrre almeno un quarto dei mangimi necessari e delle altre attività connesse.
Per quanto riguarda la disciplina dell’IVA in agricoltura, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 34 del DPR n.633/1972, i produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti di cui al comma 1, sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l’obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali.
L’articolo 34 del D.P.R. n. 633/1972 reca poi un regime speciale per i produttori agricoli, cioè per i soggetti che esercitano le attività indicate nel già citato articolo 2135 cc, salva opzione del contribuente per l’applicazione del regime ordinario.
In sintesi, ai sensi del comma 1 del predetto articolo 34, per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A) allegata al D.P.R. n. 633 effettuate dai produttori agricoli, la detrazione, dall’imposta dovuta dal soggetto passivo sulle operazioni effettuate, dell’imposta assolta o addebitata dal medesimo soggetto passivo sugli acquisti da lui effettuati nell’esercizio di impresa, arte o professione, è calcolata in maniera forfettaria, in misura pari all’importo risultante dall’applicazione, all’ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con apposito decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole (cfr. D.M. 12 maggio 1992, D.M. 30 dicembre 1997 e D.M. 23 dicembre 2005).
Tra gli interventi recenti in materia di IVA per il settore primario, si segnala che il decreto-legge “fiscale” n. 193 del 2016 ha previsto, tra l’altro, all’art. 4, comma 1 (che ha sostituito l’art. 21 del d.l. 78 del 2010), che i produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, situati nelle zone montane, sono esentati, dal 1° gennaio 2017, dall’obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA all’Agenzia delle entrate (c.d. spesometro).
Da ultimo, l’art. 11, commi da 2-ter a 2-quinquies del decreto-legge n. 87 del 2018, cosiddetto “Dignità” (legge n. 96 del 2018), ha eliminato il cosiddetto spesometro per tutti i produttori agricoli assoggettati a regime IVA agevolato.
Nel dettaglio, il comma 2-ter del suddetto art. 11 ha abrogato la disposizione del decreto-legge n. 179 del 2012 (articolo 36, comma 8-bis) che ha sottoposto allo spesometro i produttori agricoli in regime IVA agevolato di settore, imponendo l’obbligo di comunicazione annuale delle operazioni rilevanti IVA, secondo le norme del già richiamato art. 21 del decreto-legge n. 78 del 2010. Destinatari della norma abrogata sono i produttori agricoli che hanno realizzato, o in caso di inizio di attività prevedono di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7 mila euro, e che sono esonerati dal versamento dell’IVA e da tutti gli obblighi documentali e contabili dall’articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Il comma 2-quater ha novellato l’articolo 21, comma 1, terzo periodo del decreto legge n. 78 del 2010, trasformando il parziale esonero per i produttori siti in zone montane in un esonero totale per tutti i produttori agricoli assoggettati a regime IVA agevolato, operante dal 1° gennaio 2018. Il comma 2-quinquies ha indicato la copertura finanziaria dell’onere derivante dal precedente comma, valutato in 3,5 milioni di euro per l’anno 2018.
Si ricorda, poi, che la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2018, art. 1, comma 916) ha previsto, dal 1° gennaio 2019, l’abrogazione dello spesometro di cui all’art. 21 del decreto-legge n. 78 del 2011, in concomitanza con l’entrata in vigore della fatturazione elettronica obbligatoria nelle operazioni tra privati.
La legge di bilancio per il 2017 (in analogia con quanto già disposto per il 2016 dall’art. 1, comma 908 della legge n. 208 del 2015 – legge di stabilità per il 2016) ha poi innalzato, per il 2017, le percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina prevedendo che le stesse non possano superare, rispettivamente, la misura del 7,7% e all’8% (art. 1, comma 45 della legge 11 dicembre 2016, n. 232). In precedenza, la percentuale di compensazione IVA era stabilita nel limite massimo del 7% per gli animali bovini e del 7,3% per gli animali suini.
La medesima misura è stata riproposta dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 506 della legge 27 dicembre 2017, n. 205) che ha innalzato la percentuale di compensazione IVA per le carni vive bovine e suine, prevedendo che sia stabilita in misura non superiore, rispettivamente, al 7,7% e all’8% per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, nel limite di minori entrate per non più di 20 milioni di euro annui.
Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha previsto le seguenti misure di natura fiscale: l’estensione dell’IVA agevolata al 4% a taluni ingredienti utilizzati per la preparazione del pane (art. 1, comma 4); la proroga, per tutto il 2019, dell’agevolazione fiscale prevista originariamente solo per il 2018 (dall’art.
1, comma 12, della legge n. 205 del 2017) per la sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo (art. 1, comma 68); la riduzione dell’accisa sulla birra da 3 euro a 2,99 euro per ettolitro e grado-plato, e la previsione, per i birrifici artigianali di minore dimensione (ossia quelli con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri) di poter considerare accertato il prodotto finito a conclusione e non a monte delle operazioni, nonché la riduzione del 40 per cento dell’aliquota ordinaria (è previsto che la nuova disciplina si applichi a decorrere dall’emanazione delle disposizioni attuative) (art. 1, commi 689-691); la riforma della disciplina fiscale relativa alla raccolta di prodotti selvatici non legnosi e delle piante officinali spontanee. A tal fine, è istituita un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, da applicare ai redditi derivati dallo svolgimento, in via occasionale, delle attività di raccolta. Si prevede, infatti, il pagamento dell’importo di 100 euro quale imposta sostitutiva, da versare entro il 16 febbraio dell’anno di riferimento nel caso in cui la soglia dei corrispettivi percepiti dalla vendita del prodotto non sia superiore a 7.000 euro. In tal caso, l’attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi si intende svolta in via occasionale. Ai soggetti che hanno versato l’imposta sostitutiva non si applica la ritenuta di cui all’articolo 25-quater del D.P.R. n. 600 del 1973, con riferimento all’anno in cui la cessione del prodotto è stata effettuata. Ai prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, nonché alle piante officinali spontanee è estesa l’esenzione, già prevista per la cessione dei prodotti del tartufo, in ordine agli obblighi contabili. Per le operazioni di acquisto del prodotto effettuate senza l’applicazione della ritenuta, il soggetto acquirente emette un documento d’acquisto dal quale devono risultare taluni dati relativi al cedente e al prodotto ceduto. Viene, quindi, previsto che per i tartufi, nei limiti della quantità standard di produzione prevista con decreto, si applichi
l’aliquota IVA ridotta al 4%; per i tartufi freschi o refrigerati si applichi l’IVA agevolata al 5% e per i tartufi congelati, essiccati o preservati in acqua salata si applichi l’IVA al 10 %. I produttori agricoli che gestiscono la produzione dei prodotti selvatici non legnosi e che non ricadono nell’esonero stabilito dall’articolo 34, comma 6, del D.P.R. IVA n. 633 del 1972 possono applicare il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 75, della legge n. 190 del 2014 (art. 1, commi 692-699); una modifica alla disciplina della vendita diretta, in base alla quale gli imprenditori agricoli possono
vendere non solo prodotti propri, ma anche prodotti agricoli e alimentari acquistati direttamente da altri imprenditori agricoli. Tali prodotti non devono appartenere alla stessa categoria merceologica dei prodotti propri e l’attività di vendita non deve essere prevalente rispetto a quella dei prodotti propri. Per tali finalità, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano promuovono specifiche campagne per valorizzare le produzioni agroalimentari locali, con la previsione, a tal fine, di un limite di spesa di 500.000 euro annui a decorrere dal 2019 (art. 1, commi 700-701);
l’equiparazione del trattamento fiscale dei familiari che coadiuvano il coltivatore diretto a quello dei titolari dell’impresa agricola al cui esercizio detti familiari partecipano attivamente. (art. 1, comma 705).
La tassazione immobiliare in agricoltura
La legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013), all’art. 1, comma 608, ha ripristinato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina, di cui al comma 4-bis dell’art. 2, del decreto-legge n. 194 del 2009, già soppresse dal D.Lgs. n. 23 del 2011 (con l’art. 10, comma 4): pertanto gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti (CD) ed imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella relativa gestione previdenziale, sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1 per cento; gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà.
La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), all’art. 1, comma 906, ha esteso le suddette agevolazioni agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, posti in essere a favore di proprietari di masi chiusi di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, da loro abitualmente coltivati. Il successivo comma 907 della suddetta legge di stabilità ha esteso le medesime agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina, di cui al citato comma 4-bis dell’art. 2, del decreto-legge n. 194 del 2009, così come integrato dal predetto comma 906, a favore del coniuge o dei parenti in linea retta – purchè già proprietari di terreni agricoli e conviventi – di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali.
Il comma 917 della stessa legge di stabilità 2016 ha previsto che ogni atto, documento e provvedimento relativo ai procedimenti relativi alle controversie in materia di masi chiusi, nonché quelli relativi all’assunzione del maso chiuso, in seguito all’apertura della successione, siano esenti dall’imposta di bollo, di registro, da ogni altra imposta e tassa e dal contributo unificato.
La medesima legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 13 della legge n. 208 del 2015) ha esentato dal pagamento dell’IMU i terreni agricoli: ricadenti in aree montane o di collina, come individuati ex lege (circolare n. 9 del 14 giugno 1993); posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione; ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti; con specifica destinazione, ossia con immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, dunque indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.
La legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016) ha poi ripristinato l’agevolazione fiscale relativa ai trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani finalizzati all’arrotondamento della proprietà contadina, di cui all’art. 9 del DPR n. 603 del 1973 (imposta di registro
ed ipotecaria in misura fissa ed esenzione dalle imposte catastali) (art. 1, comma 47).
La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha previsto le seguenti misure:
l’estensione alle aziende agricole ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua della facoltà già prevista per quelle ubicate nei comuni montani di non dover disporre del titolo di conduzione del terreno agricolo ai fini della costituzione del relativo fascicolo aziendale. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e del Ministro dell’ambiente e del territorio e del mare si dovrà provvedere alla determinazione delle aree ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua tenendo in considerazione, tra l’altro, gli specifici fattori di svantaggio indicati (art. 1, commi 702 e 703); la proroga della facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un’imposta sostitutiva (art.1, commi 1053 e 1054). Il regime fiscale e incentivante relativo alle energie da fonti rinnovabili agro forestali e fotovoltaiche, nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali La legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 910 della legge n. 208 del 2015) ha sostituito il comma 423 dell’art. 1 della legge n.266 del 2005 prevedendo che costituiscono attività connesse a quella agricola e sono produttive di reddito agrario (tassazione su base catastale) la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da:
– fonti rinnovabili agroforestali sino a 2.400.000 kWh l’anno;
– fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh l’anno;
– da carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalementemente dal fondo
effettuate da imprenditori agricoli.
In particolare, per quanto riguarda l’energia da fonti agroforestali, tali disposizioni si applicano nel presupposto che ricorra il requisito della prevalenza che caratterizza le attività agricole connesse, mentre la produzione e la cessione da fonti fotovoltaiche costituiscono sempre attività connesse a quella agricola e si considerano produttive di reddito agrario.
Si ricorda, infatti, che il requisito della prevalenza risulta soddisfatto quando, in termini quantitativi, i prodotti utilizzati nello svolgimento delle attività connesse ed ottenuti direttamente dall’attività agricola svolta nel fondo siano prevalenti, ossia superiori rispetto a quelli acquistati presso terzi.
Alla produzione e alla cessione di energia da fonti agroforestali oltre i 2.400.000 kWh anno e da fonti fotovoltaiche oltre i 260.000 kWh anno si applica la tassazione forfettaria di cui all’art. 1, comma 423, della legge 266/2005, applicando all’ammontare dei corrispettivi il coefficiente di redditività del 25 per cento.
Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha riconosciuto, fino al riordino della materia, che gli impianti di biogas fino a 300 KW, realizzati da imprenditori agricoli alimentati con sottoprodotti provenienti da attività di allevamento e della gestione del verde, possano accedere agli incentivi previsti per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, ai sensi del decreto ministeriale 23 giugno 2016, nel limite di un costo medio annuo pari a 25 milioni di euro (art. 1, commi 954-957).
Le misure destinate ai giovani in agricoltura e previdenza agricola
La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) prevede, tra l’altro, un esonero contributivo totale per i primi tre anni e uno sgravio contributivo, al 66% nel quarto anno e al 50% nel quinto anno, a favore degli imprenditori agricoli che non hanno raggiunto i 40 anni di età e che si iscrivono per la prima volta alla previdenza agricola tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2018 (art.1, commi 117-118).
La medesima legge di bilancio 2018 ha introdotto l’istituto del contratto di affiancamento tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 40 anni e gli imprenditori agricoli o coltivatori diretti di età superiore a 65 anni o pensionati. Il contratto permette l’accesso prioritario ai mutui agevolati per gli investimenti (art. 1, commi 119- 120).
La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha poi previsto l’assegnazione a titolo gratuito di una quota dei terreni agricoli a favore dei nuclei familiari con tre o più figli, uno dei quali sia nato negli anni 2019, 2020 e 2021, o alle società costituite da giovani imprenditori agricoli che riservino una quota del 30 per cento della società ai nuclei familiari prima richiamati. Questi potranno richiedere un mutuo fino a 200.000 euro, senza interessi, per l’acquisto della cosiddetta “prima casa”, che dovrà essere ubicata in prossimità del terreno assegnato. Il testo rinvia ad un decreto ministeriale la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione della misura (art. 1, commi 654-656).
Da ultimo, il decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha previsto, all’art. 10-bis, provvidenze per i lavoratori agricoli in caso di calamità naturali o avversità atmosferiche, al fine di ampliare il relativo ambito soggettivo di applicazione. Nello specifico, viene esteso, per l’anno 2019, il cd bonus contributivo a fini assistenziali e previdenziali anche a taluni lavoratori agricoli – a tempo determinato – dipendenti da imprese agricole – ricadenti nelle zone di cui all’ordinanza della Protezione civile 15 novembre 2018, n. 558 – che abbiano beneficiato di interventi compensativi a seguito di danni a produzioni, strutture ed impianti produttivi.
FONTE: Camera dei Deputati – Servizio studi