Il cibo italiano naviga in buone acque, almeno stando a quanto emerge dal Food Industry Monitor 2018 che, elaborato dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con il sostegno di Gruppo Banca del Ceresio, ha analizzato i dati economici di 815aziende, per un fatturato aggregato di circa 61 miliardi di euro), rappresentative del 71% delle società di capitali operanti nel settore Food italiano.
Il primo dato significativo è senza dubbio la crescita del Prodotto Interno Lordo del settore, che con un buon +3,6% è doppia rispetto al +1,5% del totale nazionale.
Emerge, poi, una media del 21,7% nel rapporto tra valore aggiunto e ricavi, in cui spiccano i settori del food equipment (37,9%), dei distillati (+30,1%), dell’acqua (+25,8%) e, a seguire, sopra la media, dei dolci, del packaging, della birra, della pasta, del caffè e dei surgelati. Appena sotto la media, si è posizionato il settore del vino, con il 19%, seguito da quello delle conserve (17,7%), dai prodotti a base di carne (16,2%), dal latte e derivati (15,7%), dalle farine (9,8%) e, infine, dall’olio (6,9%).
Il trend è confermato anche dall’analisi della crescita dei ricavi tra il 2009 e il 2016. Tra i 15 settori analizzati, infatti, solo quello della birra evidenzia un calo (-6,9%), mentre tutti gli altri sono caratterizzati dal segno “più”: a cominciare dalle farine (+8,3%), seguite dal food equipment (+7,4%) e dal caffè (+6,8%). Il vino segna un +5,1%, meno di olio (+6,6%), surgelati e packaging (+5,2%), ma più di acqua, conserve, distillati, dolci, latte e derivati, pasta e carne, tutti sotto alla media complessiva del settore a +3,8%.
Se questo è lo stato dell’arte, anche per il biennio 2018-19 i modelli stimano uno sviluppo in linea e, soprattutto, un trend positivo per l’export. La crescita delle esportazioni dovrebbe riguardare soprattutto il settore dell’acqua, per il quale è previsto un incremento del 14,7%, quello delle carni (+8,4%), dei dolci (+6,6%) e del vino (+6,4).
Dai dati, infine, emerge un altro aspetto significativo: le aziende di grandi dimensioni crescono a tassi superiori, soprattutto nei comparti in cui sono presenti imprese che adottano il modello della trading company, come in quello dell’olio e del vino. Nel comparto del latte e dei salumi, invece, le imprese medie hanno registrato dei tassi di crescita maggiori rispetto a quelle grandi (rispettivamente del 4,8% le prime e del 3,7% le seconde): un risultato da ricondurre alla specializzazione e alla focalizzazione su prodotti di qualità da parte delle realtà di dimensioni inferiori.
FONTE: www.cna.it