Nonostante tutto l’export del settore ortofrutticolo italiano tiene. A confermarlo il report annuale di Fruitimprese secondo cui il trend rimane comunque positivo: cresce il valore (5,3 miliardi di euro, che equivale a un +1,5%), mentre i volumi mantengono i livelli dell’anno precedente, con un lieve scostamento (-0,4%). Il saldo positivo a valore(circa 666 milioni) torna ai livelli del 2020 (-38%), mentre peggiora il saldo a volume (-110.001 tonnellate).
Al primo posto sul podio del nostro export anche quest’anno solo le mele (863 milioni di euro), seguite da uva da tavola (738 milioni) e kiwi (509 milioni). Bene anche pesche e nettarine (+43,5%). Ci sono, invece, problemi produttivi ormai da anni per quanto concerne pere e arance. Gli agrumi, in particolare, recuperano valore nell’export (+2,4%), ma le quantità importate sono il doppio di quelle esportate. L’export della frutta secca, invece, perde il 25,8%. Le importazioni, che nel complesso aumentano dell’+11,7%, vedono in forte aumento legumi e ortaggi (con valori a +34,1%), banane e ananas (rispettivamente a +12,6% e + 15,9%).
Secondo Marco Salvi, presidente di Fruitimprese «l’ortofrutta fresca conferma il suo peso strategico nell’economia del Paese come seconda voce del nostro export agroalimentare, dopo il vino. La competitività delle nostre imprese è stata messa a dura prova nel 2022 dagli aumenti di tutti gli input produttivi, ma non ha perso dinamismo». Salvi è molto fiducioso nei risultati che potranno essere raggiunti attraverso il tavolo sull’ortofrutta istituito dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida in cui si sono riunite tutte le principali rappresentanze del settore. «In quella e in altre sedi non ci stancheremo di ribadire la necessità di una corretta redistribuzione di costi e responsabilità lungo l’intera filiera produttiva e distributiva. Resta anche fortissima la nostra preoccupazione per i dossier comunitari, imballaggi e prodotti fitosanitari su tutti», conclude il presidente di Fruitimprese.