Ismea, in collaborazione con SiCamera, ha elaborato una scheda paese che è un vero e proprio piccolo manuale che contiene informazioni sulle caratteristiche del mercato, posizionamento competitivo dei concorrenti, dazi, documenti doganali, normativa sanitaria, etichettatura e altri dati che possano essere utili a chi vuole approcciarsi ad esportare il suo vino in quella parte di mondo.
Un manuale che ha un carattere informativo, come ci tiene a precisare Ismea, che consiglia di avvalersi sempre anche della consulenzadell’ambasciata e di professionisti e importatori specializzati, ma comunque molto interessante per avere un quadro generale della situazione.
L’Australia è al quattordicesimo posto nel mondo come volume di vino importato ogni anno, e l’Italia è il suo terzo fornitore, con una quota del 10%. I primi due sono la Francia e la Nuova Zelanda che da sole coprono l’80% delle importazioni di vino in Australia e si collocano sul mercato con fasce di prezzo anche più alte.
Però a differenza di questi due paesi le importazioni di vino italiano stanno aumentando sensibilmente, con un incremento che nel 2017 ha toccato il 55%, e una parte importante è data dagli spumanti, che sull’onda del fenomeno Prosecco, coprono il 40% delle importazioni del nostro vino in Australia, anche se nel complesso gli acquisti degli Australiani in spumanti stanno calando.
Dal punto di vista logistico, l’Australia ha ottanta porti, di cui venti coprono il 95% del traffico commerciale e nove aeroporti internazionali. I costi e le imposte possono variare a seconda delle merci e dei servizi richiesti, e Ismea consiglia di contattare i singoli porti per maggiori dettagli, tramite il portale dedicato del governo australiano.
Dal punto di vista normativo le aziende australiane ed estere che svolgono attività di import/export di prodotti alimentari devono essere registrate presso l’Australian securities and investments Commission, da cui riceveranno un numero di registrazione per lo svolgimento di attività commerciale. Inoltre, dovranno registrarsi presso l’Australian taxation office al fine di ottenere un altro numero di registrazione, da utilizzare perlo sdoganamento delle merci.
Riguardo i documenti, le merci dovranno essere accompagnate da una fattura commerciale, dove l’esportatore deve riportare: il prezzo, la descrizione del prodotto, le condizioni di vendita, una dichiarazione del produttore, esclusivamente in inglese, che deve contenere la lista degli ingredienti del prodotto, il lotto di produzione del prodotto che indica la data di produzione (lot code) e la descrizione del prodotto, e una dichiarazione doganale di importazione. Questo ultimo documento può essere sostituito da una Self assessed clearance declaration, anche in formato elettronico, se la merce ha un valore inferiore a mille dollari australiani (circa 634 euro).
Andando alle tasse e ai dazi specifici per il vino, come per tutte le altre bevande alcoliche, l’Australia non prevede esenzioni, nemmeno per piccole partite. In particolare sono previste: il Duty, il dazio doganale del 5% che si applica sul prezzo d’acquisto del vino; la Wet, Wine equalisation tax, del29% si applica sulla somma del valore commerciale più il Duty più le spese di trasporto e di assicurazione; e la Gst, Goods and services tax, del 10%, la tassa equivalente alla nostra Iva, che è calcolata sulla somma del valore dichiarato in dogana della merce più dazi, e spese di trasporto e di assicurazione dal paese di origine.
A carico dell’esportatore c’è anche una lista di imballaggio, che deve contenere in dettaglio la merce esportata con lotto, partita, dimensioni, pesi delle merci imballate all’interno di ogni scatola, e la dichiarazione di imballaggio che attesta che i materiali usati per l’imballaggio sono conformi alle norme Fao per le misure fitosanitarie specifiche per l’Australia.
Per motivi di quarantena, Ismea consiglia di fornire in aggiunta un certificato che attesti il trattamento estero contro le vespe del genere Sirexo altri xilofagi. Ogni imballaggio e pagliolo in legno importato, ad eccezione del compensato e dell’impiallacciato, che non si considerano a rischio di quarantena, richiede una dichiarazione per il legno e deve essere privo di corteccia.
Non sono richiesti invece certificati di origine della merce e certificati di analisi, anche se tutti gli alimenti devono essere conformi al codice australiano e neozelandese sui cibi.
Poi, per chi spedisce in aereo è necessaria una lettera di trasporto aereo, emessa dalla compagnia aerea o dallo spedizioniere che serve ad indicare l’accettazione delle merci per il trasporto, i termini e le condizioni del trasporto, mentre per chi spedisce via mare è necessaria una polizza di carico marittima, sempre a carico della compagnia di navigazione o del vettore per confermare il trasporto di merci a bordo.
Infine ci sono le regole per l’etichettatura. Le autorità australiane, per far accedere il prodotto sul mercato interno, richiedono che sull’etichetta sia riportato, in inglese: il nome del prodotto o tipo di vino, il grado alcolico, la quantità del contenitore, il paese di origine, gli additivi alimentari come i solfiti, il nome e l’indirizzo dell’importatore/rivenditore, il nome e indirizzo del produttore, il numero di lotto e il numero di standard drinks, che si ottiene moltiplicando i litri per il grado alcolico per 0,789 (peso specifico dell’etanolo) e deve essere riportato sull’etichetta la dicitura ‘contains approx. NN standard drinks’. Ad esempio una bottiglia da 750 ml con un vino a un contenuto alcolico di 12,5% Vol avrà la dicitura ‘contains approx. 7,4 standard drinks’.
FONTE: Commercio Internazionale
FONTE: http://www.cna.it