In questi giorni il web è invaso da articoli di giornale con titoli allarmistici sulle insalate in busta. Sono accusate di essere un ricettacolo di “virus e batteri”, per cui “andrebbero rilavate a casa o addirittura disinfettate”o, meglio ancora, non consumate.
Dando una rapida scorsa, si scopre che tutti gli articoli fanno riferimento a uno studio dell’università di Torino, di cui non vengono mai forniti i riferimenti, che attribuirebbe pericolose contaminazioni batteriche alle insalate confezionate vendute nei supermercati. Lo studio esiste ed è stato realizzato nel 2012, ma in realtà aveva evidenziato una situazione igienica sicura per le 100 insalate in busta analizzate. I ricercatori avevano trovato in 3 campioni dell’Escherichia coli che, secondo gli stessi autori, erano solo potenzialmente patogeni*. La positività (ovvero la presenza nell’insalata di microrganismi) però non deve allarmare perché può trattarsi di una contaminazione accidentale ma soprattutto perché i microrganismi patogeni, anche se presenti, devono raggiungere una certa quantità (dose infettante) per causare una tossinfezione e quindi risultare dannosi per l’uomo. Nella breve vita commerciale dei vegetali di IV gamma (5-7 giorni) difficilmente può essere raggiunto il livello critico.
Lo studio viene ripreso dopo alcuni giorni da Il Salvagente in un articolo dal titolo allarmistico “Lavate e asciugate ma piene di germi”. La vicenda prosegue (stiamo sempre parlando di quello che successe sette anni fa) con la presa di posizione di AIIPA** che in un comunicato ribatte che: “nell’articolo, si sostiene che l’87% delle insalate siano risultate irregolari, sebbene nessuno dei parametri microbiologici previsti dal Regolamento europeo 2073/2005 risulti superato”. In parole povere: tutti i campioni rispettavano i limiti di legge.
Un altro elemento interessante è che nel 2015 sono entrate in vigore sul territorio italiano nuove regole in materia di produzione, confezionamento e commercializzazione della Quarta Gamma (a cui appartengono anche le insalate pronte al consumo) con parametri vincolanti sulla sicurezza alimentare e sulla qualità da rispettare nel ciclo produttivo e nella distribuzione. Tra le nuove regole c’è l’obbligo di garantire il rispetto della catena del freddo a una temperatura uniforme e costantemente inferiore agli 8°C, lungo tutto il percorso.
C’è da chiedersi come mai dopo sette anni e l’entrata in vigore di nuove e più stringenti norme, uno studio che non evidenziava particolari rischi, torna alla ribalta, travisato nelle conclusioni e ripreso come fonte per decine di articoli allarmistici.
Secondo l’associazione di categoria, il primo articolo a riportare la fake news è TuoBenessere.it del 23 febbraio con il titolo “Insalata in busta: tutti i rischi per la salute”. Da lì la bufala si allarga e viene ripresa anche da quotidiani nazionali come il Giornale o Libero, quest’ultimo poi, diventa in pochi giorni la forte più citata.
La realtà delle insalate confezionate è un’altra visto che le numerose analisi condotte negli ultimi anni hanno confermano il buon livello igienico del prodotto (Altroconsumo (14 campioni) 2008; Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (159 campioni) 2012; Caponigro su Food Microbiology (1158 campioni) 2010;Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (155 campioni) 2015).
Le insalate sono raccolte e in poche ore vengono accuratamente lavate, asciugate e confezionate. Va comunque ricordato che si tratta di un alimento molto delicato, per il quale è necessario mantenere sempre la catena del freddo, anche dopo l’acquisto, e seguire le istruzioni rispettando la data di scadenza per evitare l’alterazione delle caratteristiche organolettiche e la proliferazione batterica. Il periodo di conservazione indicato è in media di 5-7 giorni (a seconda anche dalla stagione), ma è meglio consumarle prima, in particolare se si apre la confezione.
* Trattandosi di un’indagine qualitativa e non quantitativa, non è stata eseguita la sierotipizzazione.
** Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari, nella Sezione Ortofrutticoli di IV Gamma
FONTE: https://ilfattoalimentare.it